martedì 9 novembre 2010

Per Harry Langdon

Già, sono al colmo della malinconia, proprio mentre dovrei essere felice di aver letto un libro interessante. Mancano solo due capitoli e poi avrò terminato Harry Langdon: His Life and Films di William Schelly, meravigliosa biografia dell'attore comico eterno bambino. Anche questa è stata una traduzione perché il libro è in inglese, ma è un inglese molto essenziale di facile comprensione, perciò stavolta ho avuto raramente bisogno dell'ausilio del vocabolario.

Harry Langdon. Quante volte ho visto i suoi film e ho pensato come fosse originale. Muti, ovviamente, perché il suo periodo sonoro è stato piuttosto trascurato e ancora non è uscito in DVD, tranne in pochi titoli. Mi va ora di ricordare qualche immagine di questo adorabile fanciullo. In SATURDAY AFTERNOON aveva quella moglie arpia, povera anima ansiosa di libertà ma ignaro della capacità di trovarla. Anche una scappata con un amico diventava una sorta di tragedia per lui, chiuso dentro un minuscolo portabagagli. HIS FIRST FLAME, così timido da assecondare i desideri dello zio che lo voleva eterno scapolo, perché, diceva lui, le donne erano qualcosa da cui fuggire. REMEMBER WHEN, un diseredato, un povero disgraziato che fa assistere allo spettacolo dei bambini del suo stesso orfanotrofio infantile, e perde il lavoro per questo. Si era nascosto quindici polli nella giacca solo qualche ora prima. Un ladro, un vagabondo e un viandante affamato continuamente frustrato dalle circostanze. La figura di Langdon è meno netta di Charlie Chaplin, il solitario emarginato per eccellenza, ma fa piangere lo stesso. Fa piangere perché rappresenta un alieno, "The Little Elf" come lo chiamavano gli americani, diverso più per psicologia che condizione sociale. Il suo viso somiglia a quello di una luna che si è stancata di stare lassù e ha voluto capricciosamente prendere forma umana. Ma realmente umano Langdon non è. Crede in quello che gli viene detto. Immagina che il buono, vero e bello che è dentro il suo cuore sia anche nella realtà. Quando rimane deluso, si spaventa. In lui non esiste bramosia di successo, desiderio sessuale, reale e cosciente considerazione di se. Sotto certi versi Harry Langdon non sa di esistere. La forma tangibile del suo corpo è qualcosa di non essenziale nella sua mente. In THE SEA SQUAWK si traveste da donna perché non può farsi riconoscere da un farabutto che ha intenzione di fargli del male. Il suo travestimento risulta meno comico di quello di altri suoi contemporanei- come Chaplin, Laurel, Ben Turpin e altri- perché lui uomo non è mai stato. La forza di quella sequenza è proprio questa. La grazia androgina di Langdon è impagabile. Fa sorridere e ridere più nei panni di un uomo di successo che in quelli di una dama bionda ricercata. In questo, è unico. Come unici sono i suoi film. Potrei scrivere per ore sui suoi corti, medio e lungometraggi e forse lo farò un'altra volta. Ora voglio ricordare un immagine. Il film è THREE'S A CROWD, siamo ancora nella fase iniziale della narrazione. Vediamo un fantoccio di pezza che vola, poi questo fantoccio tornerà alla fine in una tragica (e meravigliosa) inquadratura. Quel fantoccio è lui. La trama e la storia non sto qui a raccontarla perché non ha bisogno di parole. Sono convinto che se Langdon fosse stato meno inesperto- era la sua prima regia- avrebbe velocizzato l'azione in alcuni punti e reso più corretti certi raccordi. E il film sarebbe stato un capolavoro perché contiene vette simboliche inedite per il cinema di quel periodo. Tutto non è come appare e non c'è bisogno di spiegazioni. Anche mentre sto scrivendo non posso fare a meno di muovermi a commozione. Harry Langdon sarebbe potuto diventare un grandissimo autore di commedie, al pari di Charlie Chaplin, Buster Keaton e Harold Lloyd, se solo avesse avuto la piena possibilità di sviluppare le sue potenzialità e non fosse stato contrastato dal dominante desiderio di realismo che il parlato avrebbe richiesto anche alla sua figura.
Ebbene, finora io avevo visto i suoi lavori, ma ora sto per terminare la biografia di Schelly. Leggerla è stato come conoscere davvero chi era quest'uomo fragile, a tratti dominato dalle circostanze e profondamente ingenuo.
Mi dispiace. La mia mente si muove a nostalgia se ripenso a quando ho iniziato a leggerlo. La morte del processo di lettura si unisce alla morte di Langdon, alla sua fine che verrà narrata in questi due capitoli che restano. Piangerò di nuovo, e ancora, e forse sarà un'occasione per rivedere ancora una volta i suoi film.
Perché il cinema è vita e conserva vita. E Langdon ha conservato in celluloide quel segreto che il suo personaggio non sapeva neanche di possedere. Quello che lo rende umano solo per aspirazione di quella incontaminata umanità incosciente.

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