Il prossimo Festival Del Cinema Ritrovato, che avrà luogo a Bologna dal 27 giugno al 4 luglio, sarà molto più ricco di silent comedy rispetto alle scorse edizioni. In aggiunta alla bella sezione su Leo McCarey, con in programma alcune perle mute e sonore del grande regista, degni di attenzione sono anche i film di Valentina Frascaroli, moglie del comico francese André Deed (del quale verrà proposto L'Uomo Meccanico del 1921 e qualche cortometraggio) e soprattutto l'inizio del Progetto Keaton. Dopo tanti anni di attenzione al restauro dei film di Charlie Chaplin, la Cineteca di Bologna inizia il suo cammino nella meravigliosa opera di Buster Keaton. In questa prima edizione verranno comunque proposte solo due pellicole, il cortometraggio One Week (1920, il primo di Keaton in ordine di distribuzione) e il capolavoro Sherlock Jr. (1924), summa onirica della visione del cinema e della commedia del suo autore. Di One Week ho già parlato nel mio libro "I Cortometraggi di Buster Keaton" (2014), su Sherlock Jr. scriverò qualcosa in questo articolo.
Forse il mio lungometraggio preferito di sempre, così esaustivo e succinto, perfetto nella tecnica e nello svolgimento, un film che soverchia il linguaggio cinematografico dell'epoca e restituisce a tanti anni di distanza scene d'intensità visiva incredibile, senza mai scivolare nell'onanismo autoriale o nell'autocompiacimento tecnico-stilistico. Con "Sherlock Jr." Keaton produce uno dei massimi capolavori della storia del cinema in soli tre quarti d'ora di durata e riesce a portare sullo schermo con risultati eccellenti alcuni trucchi che aveva imparato in teatro. Le gag inscenate, infatti, risultano inverosimili ed è solo la spiegazione del sogno che le rende plausibili.
Il titolo di lavorazione del film, The Misfit (Il disadattato), rende l'idea che in partenza le sfumature esistenziali del personaggio erano ancora più marcate. Alla fine comunque ciò che rimane più evidente nell'opera è una grande riflessione sul mezzo cinema, su quello che può raccontare, sulle illusioni, le aspettative e la vita che genera. A livello tecnico il film è perfetto. Keaton poteva disporre di uno dei cameraman più dotati di sempre, Elgin Lessley, e gli effetti speciali ottenuti risultavano tanto inediti per il 1924 da far scuola tra gli addetti ai lavori. Lo schermo nel quale Buster entra nella fase onirica era in realtà un set teatrale illuminato. I cambi di scena vennero realizzati chiedendo a Keaton e agli spettatori di rimanere fermi in attesa della successiva alterazione del set. Le scene di strada vennero inserite partendo da uno schermo bianco.
Il vortice della finzione, del cinema e del suo mutamento, la sua ubiquità in progress, lascia Buster smarrito in quella che può essere annoverata come una delle più significative immagini della storia della settima arte. L'incapacità dello spettatore di stare al passo con l'immensità del cinema, o del cineasta nel delinearne i giusti confini. Il sogno giustifica. Gioco, illusione, uno scherzo dell'inconscio che vaga e che vive le sue bizzarre manie in un circo perpetuo. Tra i giochi illusionistici di Keaton spicca senza dubbio il numero in cui dà l'impressione di passare attraverso il corpo della finta venditrice ambulante (il suo aiutante Gillette travestito, interpretato dal bravo Ford West). Il trucco è chiaramente sbalorditivo. Un gioco di prestigio fenomenale di cui Keaton era intenzionato a non svelare nulla. Ci volle il talento persuasivo del biografo Rudi Blesh per corromperlo. Buster Keaton era prima di tutto figlio del vaudeville, poi un curioso amico del cinema che istintivamente innovava. Un po' come Chaplin, e forse questa è l'unica cosa che davvero li accomuna, Keaton si trovava a inventare il cinema senza ancora sapere cosa fosse sul serio. Anche qui la sua grandezza. Il Buster attore qui è sorprendente, come e in più degli altri film. Le scene più inverosimili così come quelle più spericolate vengono giustificate dal sogno e in un certo senso il regista ha la possibilità di rigettarsi nel bel "clima" dei due rulli, che richiedevano meno plausibilità.
In questo film Keaton si trovò a fare la controfigura per un altro attore. Nella scena in cui sale su un motorino guidato da un finto poliziotto, che poi cade per l'impatto di una buca, è Keaton stesso a fare lo stuntman. Prese un attrezzista e lo mise alla guida per poi indossare lui stesso gli abiti da poliziotto. Ad un certo punto riceve una palata di terra sugli occhi da uno degli operai che stavano scavando, perde completamente il controllo della moto fino a capitolare sul tetto di un'automobile. Una delle caratteristiche stupefacenti di Keaton è di aver rischiato più volte di morire ed essere rimasto illeso da tanti incidenti, quasi un inevitabile destino verso il pericolo, più forte di tutto e delle circostanze.
Le riprese di Sherlock Jr. infatti sarebbero anche potute finire in tragedia. Nella scena in cui prova a inseguire il rivale Ward Crane, si trova a camminare sopra a un treno che sta viaggiando nella direzione opposta. Quando si afferra a una corda per scendere, non si accorge che era quella del serbatoio dell'acqua e viene travolto dal gettito imponente. Cade a terra e sbatte la testa su un binario. Il male è forte ma non dura molte ore, quindi Keaton chiude l'incidente senza troppi approfondimenti. Molti anni dopo, trovandosi a fare una radiografia, i medici gli dicono senza mezzi termini di aver riscontrato un callo causato molti anni prima dalla frattura dell'osso del collo. Un Keaton stupefatto si trova quindi a ricollegare l'incidente avvenuto durante le riprese di Sherlock Jr. e si rende conto dell'enorme fortuna avuta. Destino. E lo ricordava nelle interviste.
Meno drammatico ma degno di nota pure quanto accadde nella gabbia dei leoni nel momento in cui venne ripresa la scena poi inserita nei cambi di paesaggio sullo schermo all'inizio del sogno, in cui Buster pare essere nella savana circondato dalle belve feroci. Keaton la filmò in una gabbia circolare, alla Universal. Era solo insieme ai leoni con Elgin Lessley pronto a girare attraverso un buco. Ad un certo punto i leoni cominciano a seguirlo e Keaton non è troppo sicuro di dove si trovi il cancello di uscita. Rimane spaventato a tal punto che decise di non rigirare la scena con la cinepresa B, quella del negativo europeo.
Come coprotagonista venne scelta Kathryn McGuire (1903-1978). La ragazza aveva già lavorato con Mack Sennett, ma non era molto attraente, né particolarmente dotata come attrice (apparirà anche nel successivo film di Keaton). In principio per il ruolo era stata individuata l'attrice Marion Harlan (1904-1971) ma pare non stesse molto bene di salute e dovette declinare.
Si racconta che l'amico Roscoe Arbuckle (già, il povero Arbuckle) girò alcune scene di questo film, chiamato per affetto da Keaton, probabilmente l'inizio, la scena in motocicletta o poco altro, ma era troppo giù di morale per aver potuto dare il suo contributo artistico al lavoro. Dopo un breve periodo di collaborazione il suo fragile sistema nervoso convinse Keaton a fargli abbandonare il set. Sherlock Jr. era un progetto molto impegnativo da affrontare per un cineasta in crisi come Roscoe.
Keaton impiegò cinque mesi per girare Sherlock Jr., ma al momento dell'anteprima non venne ricevuto molto bene dal pubblico. Dopo tre anteprime non riuscite, Keaton si decise ad accorciare il film di circa un rullo, condensando i momenti più salienti della narrazione. Su 18.000 metri di pellicola girati ne vennero utilizzati poco più di 1.200. Paradossalmente, il film era così avanti con i tempi che pubblico e critica non ne seppero cogliere la grandezza. Mai forse la critica è stata così miope con un autore. Fu di conseguenza un insuccesso anche di pubblico, ma questo pare abbastanza comprensibile. Keaton fece qualcosa che prima non si era mai vista. Il film arrivò in Italia nel 1925 con il titolo iniziale di Calma, signori miei per poi riuscire anche nel 1931 sotto l'assurdo La palla n. 13 che tuttora rimane il più diffuso titolo italiano di Sherlock Jr.
Secondo la Rivista Cinematografica questo film era "soffuso di un genuino senso comico" e Buster Keaton un attore "buddistico". I giudizi sul film erano buoni, ma forse al di là degli aspetti superficiali la sua estrema modernità non era del tutto compresa nel nostro paese, che si sarebbe divertito per anni con le comiche di Larry Semon (Ridolini, serie estremamente popolare in Italia tanto da essere sonorizzata alla fine degli anni '30 per poter ancora girare nelle sale), dirette ed elementari ma piuttosto povere di regia e con la morale del superuomo che tanto piaceva al regime.
Desidero chiudere questo articolo sottolineando la fastosa e irrefrenabile esultanza avuta alla notizia del rinvenimento del secondo rullo integrale di THE BATTLE OF THE CENTURY (Clyde Bruckman, 1927), protagonisti Stan Laurel e Oliver Hardy, una delle opere comiche più suggestive della storia del cinema. La notizia è stata diffusa più o meno una settimana fa. Il ritrovamento ci restituisce integralmente tutta la sequenza della battaglia delle torte (finale compreso) e qualcos'altro.
Forse il mio lungometraggio preferito di sempre, così esaustivo e succinto, perfetto nella tecnica e nello svolgimento, un film che soverchia il linguaggio cinematografico dell'epoca e restituisce a tanti anni di distanza scene d'intensità visiva incredibile, senza mai scivolare nell'onanismo autoriale o nell'autocompiacimento tecnico-stilistico. Con "Sherlock Jr." Keaton produce uno dei massimi capolavori della storia del cinema in soli tre quarti d'ora di durata e riesce a portare sullo schermo con risultati eccellenti alcuni trucchi che aveva imparato in teatro. Le gag inscenate, infatti, risultano inverosimili ed è solo la spiegazione del sogno che le rende plausibili.
Il titolo di lavorazione del film, The Misfit (Il disadattato), rende l'idea che in partenza le sfumature esistenziali del personaggio erano ancora più marcate. Alla fine comunque ciò che rimane più evidente nell'opera è una grande riflessione sul mezzo cinema, su quello che può raccontare, sulle illusioni, le aspettative e la vita che genera. A livello tecnico il film è perfetto. Keaton poteva disporre di uno dei cameraman più dotati di sempre, Elgin Lessley, e gli effetti speciali ottenuti risultavano tanto inediti per il 1924 da far scuola tra gli addetti ai lavori. Lo schermo nel quale Buster entra nella fase onirica era in realtà un set teatrale illuminato. I cambi di scena vennero realizzati chiedendo a Keaton e agli spettatori di rimanere fermi in attesa della successiva alterazione del set. Le scene di strada vennero inserite partendo da uno schermo bianco.
Il vortice della finzione, del cinema e del suo mutamento, la sua ubiquità in progress, lascia Buster smarrito in quella che può essere annoverata come una delle più significative immagini della storia della settima arte. L'incapacità dello spettatore di stare al passo con l'immensità del cinema, o del cineasta nel delinearne i giusti confini. Il sogno giustifica. Gioco, illusione, uno scherzo dell'inconscio che vaga e che vive le sue bizzarre manie in un circo perpetuo. Tra i giochi illusionistici di Keaton spicca senza dubbio il numero in cui dà l'impressione di passare attraverso il corpo della finta venditrice ambulante (il suo aiutante Gillette travestito, interpretato dal bravo Ford West). Il trucco è chiaramente sbalorditivo. Un gioco di prestigio fenomenale di cui Keaton era intenzionato a non svelare nulla. Ci volle il talento persuasivo del biografo Rudi Blesh per corromperlo. Buster Keaton era prima di tutto figlio del vaudeville, poi un curioso amico del cinema che istintivamente innovava. Un po' come Chaplin, e forse questa è l'unica cosa che davvero li accomuna, Keaton si trovava a inventare il cinema senza ancora sapere cosa fosse sul serio. Anche qui la sua grandezza. Il Buster attore qui è sorprendente, come e in più degli altri film. Le scene più inverosimili così come quelle più spericolate vengono giustificate dal sogno e in un certo senso il regista ha la possibilità di rigettarsi nel bel "clima" dei due rulli, che richiedevano meno plausibilità.
In questo film Keaton si trovò a fare la controfigura per un altro attore. Nella scena in cui sale su un motorino guidato da un finto poliziotto, che poi cade per l'impatto di una buca, è Keaton stesso a fare lo stuntman. Prese un attrezzista e lo mise alla guida per poi indossare lui stesso gli abiti da poliziotto. Ad un certo punto riceve una palata di terra sugli occhi da uno degli operai che stavano scavando, perde completamente il controllo della moto fino a capitolare sul tetto di un'automobile. Una delle caratteristiche stupefacenti di Keaton è di aver rischiato più volte di morire ed essere rimasto illeso da tanti incidenti, quasi un inevitabile destino verso il pericolo, più forte di tutto e delle circostanze.
Le riprese di Sherlock Jr. infatti sarebbero anche potute finire in tragedia. Nella scena in cui prova a inseguire il rivale Ward Crane, si trova a camminare sopra a un treno che sta viaggiando nella direzione opposta. Quando si afferra a una corda per scendere, non si accorge che era quella del serbatoio dell'acqua e viene travolto dal gettito imponente. Cade a terra e sbatte la testa su un binario. Il male è forte ma non dura molte ore, quindi Keaton chiude l'incidente senza troppi approfondimenti. Molti anni dopo, trovandosi a fare una radiografia, i medici gli dicono senza mezzi termini di aver riscontrato un callo causato molti anni prima dalla frattura dell'osso del collo. Un Keaton stupefatto si trova quindi a ricollegare l'incidente avvenuto durante le riprese di Sherlock Jr. e si rende conto dell'enorme fortuna avuta. Destino. E lo ricordava nelle interviste.
Meno drammatico ma degno di nota pure quanto accadde nella gabbia dei leoni nel momento in cui venne ripresa la scena poi inserita nei cambi di paesaggio sullo schermo all'inizio del sogno, in cui Buster pare essere nella savana circondato dalle belve feroci. Keaton la filmò in una gabbia circolare, alla Universal. Era solo insieme ai leoni con Elgin Lessley pronto a girare attraverso un buco. Ad un certo punto i leoni cominciano a seguirlo e Keaton non è troppo sicuro di dove si trovi il cancello di uscita. Rimane spaventato a tal punto che decise di non rigirare la scena con la cinepresa B, quella del negativo europeo.
Come coprotagonista venne scelta Kathryn McGuire (1903-1978). La ragazza aveva già lavorato con Mack Sennett, ma non era molto attraente, né particolarmente dotata come attrice (apparirà anche nel successivo film di Keaton). In principio per il ruolo era stata individuata l'attrice Marion Harlan (1904-1971) ma pare non stesse molto bene di salute e dovette declinare.
Si racconta che l'amico Roscoe Arbuckle (già, il povero Arbuckle) girò alcune scene di questo film, chiamato per affetto da Keaton, probabilmente l'inizio, la scena in motocicletta o poco altro, ma era troppo giù di morale per aver potuto dare il suo contributo artistico al lavoro. Dopo un breve periodo di collaborazione il suo fragile sistema nervoso convinse Keaton a fargli abbandonare il set. Sherlock Jr. era un progetto molto impegnativo da affrontare per un cineasta in crisi come Roscoe.
Keaton impiegò cinque mesi per girare Sherlock Jr., ma al momento dell'anteprima non venne ricevuto molto bene dal pubblico. Dopo tre anteprime non riuscite, Keaton si decise ad accorciare il film di circa un rullo, condensando i momenti più salienti della narrazione. Su 18.000 metri di pellicola girati ne vennero utilizzati poco più di 1.200. Paradossalmente, il film era così avanti con i tempi che pubblico e critica non ne seppero cogliere la grandezza. Mai forse la critica è stata così miope con un autore. Fu di conseguenza un insuccesso anche di pubblico, ma questo pare abbastanza comprensibile. Keaton fece qualcosa che prima non si era mai vista. Il film arrivò in Italia nel 1925 con il titolo iniziale di Calma, signori miei per poi riuscire anche nel 1931 sotto l'assurdo La palla n. 13 che tuttora rimane il più diffuso titolo italiano di Sherlock Jr.
Secondo la Rivista Cinematografica questo film era "soffuso di un genuino senso comico" e Buster Keaton un attore "buddistico". I giudizi sul film erano buoni, ma forse al di là degli aspetti superficiali la sua estrema modernità non era del tutto compresa nel nostro paese, che si sarebbe divertito per anni con le comiche di Larry Semon (Ridolini, serie estremamente popolare in Italia tanto da essere sonorizzata alla fine degli anni '30 per poter ancora girare nelle sale), dirette ed elementari ma piuttosto povere di regia e con la morale del superuomo che tanto piaceva al regime.
Desidero chiudere questo articolo sottolineando la fastosa e irrefrenabile esultanza avuta alla notizia del rinvenimento del secondo rullo integrale di THE BATTLE OF THE CENTURY (Clyde Bruckman, 1927), protagonisti Stan Laurel e Oliver Hardy, una delle opere comiche più suggestive della storia del cinema. La notizia è stata diffusa più o meno una settimana fa. Il ritrovamento ci restituisce integralmente tutta la sequenza della battaglia delle torte (finale compreso) e qualcos'altro.
Per una descrizione, collocazione storica del film e all'interno dell'opera di Laurel e Hardy, consultare il mio libro "Hal Roach: le migliori commedie del periodo muto", pagine 117-118 dell'edizione cartacea.
Sui lost films la speranza c'è sempre (questione Hats Off compresa, i fan di Laurel e Hardy sanno bene di cosa parlo), tuttavia mai avrei avuto l'ardire di sperare che in un così breve lasso di tempo dalla pubblicazione del mio libro queste scene sarebbero potute essere reintegrate a THE BATTLE OF THE CENTURY. Attualmente è in corso un restauro da parte di Lobster Films. A mio parere, in quanto a importanza del cortometraggio in questione, quello di cui parlo è il reperimento filmico più importante di questi ultimi anni. Un critico americano ha scritto pochi giorni fa che per i fan della commedia dei primordi questa scoperta equivale pressapoco a un Moby Dick che nuota verso riva trasportando il Sacro Graal. Credo abbia davvero ragione, soprattutto perché il film restava così impresso nell'immaginario di tanti appassionati e registi (tra cui il grande Blake Edwards) e adesso, a distanza di quasi novant'anni dalla sua prima uscita nei cinema, ci viene finalmente restituito nella sua interezza.
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