Tra pochi giorni ricorreranno 80 anni dalla scomparsa di Roscoe Arbuckle. Nessuno ne parlerà: le televisioni, i giornali, i blog sul cinema non riferiranno alcunché. Le riviste specializzate saranno - le poche rimaste che ancora non hanno chiuso i battenti - interamente concentrate sul modesto presente che offre il cinema, silenziose se non ignare della faccenda. Questo silenzio non sarà rumoroso. Sarà un silenzio vero, inconsapevole, ancora più fuori luogo, se possibile. Ma non potrebbe non esserlo.
Del resto sottolineare ricorrenze relative a personaggi del mondo del cinema è un esercizio che contiene in sé il rischio del tedio e della ripetizione. Questo rischio stavolta, per fortuna, non c'è. Roscoe "Fatty" Arbuckle non fu solo un grande attore comico (uno dei "clown" più completi della sua epoca), un grande regista di commedie e un generoso scopritore di talenti, ma soprattutto un uomo. Offeso, vilipeso, ingiustamente osteggiato e condannato dalla superficialità e dall'ignoranza dei mass media. Dunque, non solo è un personaggio degno di essere ricordato. E' perfino doveroso farlo.
Non è questa la sede di ripercorrere la sua storia, che può essere facilmente ricostruita dal lettore sul web, con una breve ricerca, anche se la fonte enciclopedia libera italiana a lui dedicata è alquanto confusa e non racconta fedelmente come furono effettivamente andate le cose durante quel folle e paradossale processo e contiene degli errori; consiglio dunque vivamente di leggere la versione in lingua inglese di quella voce.
Quello che interessa veramente al sottoscritto è ricordare qualche capolavoro di Arbuckle. Perché è così che deve essere ricordato. Ce ne furono alcuni, almeno sette-otto, di indiscussa genialità, spesso dal metraggio breve ma altamente contenutistici, alternati ad altri ottimi esperimenti di commedia, realizzati con estrema prolificità (interpretò più di 150 commedie, sovente anche dirette personalmente). Non è lo spazio giusto per elencare la sua filmografia e nemmeno quello di citare i migliori lavori - che rimangono soggettivi per natura a ogni spettatore e che sono tanti, davvero tanti. L'intenzione in questo articolo è porre l'accento su tre dei suoi gioielli. Descriverli, darne accenno. La convinzione è che rappresentino una summa della sua poetica comica. Il lettore è poi libero di approfondire la filmografia di Arbuckle partendo dalle basi evidenziate. Dei tre cortometraggi in questione, uno di essi è un "lost film". E' un termine usato per indicare quei film di cui nessuna copia è rimasta a disposizione e solo attraverso i resoconti dell'epoca possono essere giudicati e apprezzati. Molti potrebbero muovermi l'appunto che scegliere un film perduto su tre da descrivere quando ce ne sono moltissimi a disposizione può risultare quantomeno insolito. L'intento è tuttavia molto semplice. Roscoe Arbuckle e molti altri autori dell'epoca, oggi non possono essere totalmente rivalutati proprio perché non tutto il loro lavoro è tornato alla luce. Spesso, quando un film viene riscoperto dagli storici e riproposto al pubblico si vive un momento magico misto tra la meraviglia seduttiva e il portento storico, poiché parrebbe quasi che la macchina del tempo si sia presa gioco di critici e studiosi proponendo la risposta a tante domande, talvolta anche stravolgendo antichi credi e convinzioni, tutto in un breve lasso di tempo. Anticipando queste futuribili premesse, e rendendo merito al lavoro di un autore, e non solo quello che si è conservato di tale lavoro, procedo con il primo dei film che ho scelto.
THE BRIGHT LIGHTS (uscito il 20 febbraio 1916, 2 rulli). Diretto da Roscoe Arbuckle. Interpreti principali: Roscoe Arbuckle, Mabel Normand, William Jefferson, Al St. John.
Ecco la trama del film, le fonti sono i giornali dell'epoca:
Il gestore d'un hotel in una piccola città installa un cabaret per tentare di imitare il livello dei ristoranti delle grandi città. Il suo tentativo è comico, perché egli recluta le attrazioni fra il personale dell'albergo. Arbuckle, il cuoco, è costretto a prodursi in abito da sera e quando St. John appare, provenendo dal bar, fra i due nasce una viva rivalità per guadagnarsi l'applauso del pubblico. La cameriera, Mabel, gareggia con un ballerino professionista venuto dalla città. Sopravviene Jefferson, un raffinato imbroglione che prende d'assalto l'innocente Mabel. Questa ascolta a bocca aperta le sue storie di vita nella metropoli e lascia volentieri la cittadina per seguirlo. Arbuckle intuisce a quale destino va incontro e parte per cercarla. Le sue ricerche lo portano a Bowery proprio nell'istante in cui un vecchio marinaio viene gettato fuori da una taverna: da lui apprende che Mabel si trova nel locale, praticamente tenuta prigioniera e forzata ad associarsi con assassini e donne della taverna. Egli escogita eroicamente di liberarla, ma le sue intenzioni sono scoperte e si trova nei guai. Nel frattempo il marinaio torna con dei rinforzi e guidati dall'ostinato Arbuckle mettono a soqquadro il locale. Si scatena una zuffa spettacolosa, durante la quale Arbuckle scaraventa un membro della banda attraverso un solido muro di mattoni: ciò scuote le fondamenta e una bottega di calzoleria e una lavanderia cinese, che si trovavano sopra la taverna, crollano nel ritrovo. Mabel viene trovata in una camera segreta, che essa lascia ben contenta di ritornare a casa.
Qualche critica dell'epoca che ci permette di riflettere sul valore di questo film perduto e di riflettere e dell'enorme importanza storica che potrebbe avere un suo eventuale ritrovamento:
Uno dei più strenui film che siano mai stati realizzati alla Keystone. Mabel è condotta dal tentatore in una delle più grossolane bettole sotterranee, dove è spaventata fin quasi a svenire da un'accolita di brutti ceffi quale non s'era mai vista sullo schermo - e tutti senza bisogno di truccatura. Si scatena una rissa così realistica che molti dei partecipanti trovarono il film troppo realistico quando si svegliarono all'ospedale. Fatty domina col suo irresistibile humor e il suo intelligente apprezzamento di ciò che è divertente nella natura umana.
(Louis Reeves Harrison, Triangle Program, marzo 1916)
Una sensazionale comica Keystone, veramente divertente dal principio alla fine. E' uno dei migliori film che Arbuckle abbia diretto, e mostra questo inimitabile comico in alcuni dei suoi tratti migliori. Vi sono molte cose lodevoli nel film, ma una veramente eccezionale e che fa la più grande impressione è la battaglia finale. Pensiamo di poter affermare con sicurezza che sia la più realistica rissa mai stata filmata. Ha indubbiamente tutti i crismi dell'autenticità. Non vi sono trucchi in questa lotta. Essa raggiunge l'acme quando Arbuckle scaraventa un uomo attraverso un muro di mattoni, ed il crollo di un pilastro cagiona il cedimento dell'intero edificio. Fu un momento sensazionalmente divertente e produsse scrosci e scrosci di risate da un pubblico di conoscitori. Il film è basato su una storia esile, ma la trama è la cosa meno importante in una comica Keystone.
(New York Dramatic Mirror, 11 marzo 1916)
Il secondo film che ho selezionato è sopravvissuto, proiettato in vari festival e uscito in versione restaurata in DVD già da molti anni. Solo negli Stati Uniti, ovviamente. E' uno dei più noti e apprezzati tra i pochi appassionati di Arbuckle sparsi per il mondo, ma completamente dimenticato in ogni testo storico o critico sul cinema muto o sonoro che sia mai stato pubblicato, in Italia o altrove.
HE DID AND HE DIDN'T (uscito il 30 gennaio 1916). Diretto da Roscoe Arbuckle. Interpreti principali: Roscoe Arbuckle, Mabel Normand, William Jefferson, Al St. John, Joe Bordeaux.
Arbuckle è un autorevole dottore sposato con la graziosa Mabel. Una sera a cena viene invitato un amico di infanzia della ragazza, il quale aveva avuto con lei un flirt ai tempi della scuola. Alcuni sguardi e coincidenze insospettiscono Arbuckle, che per tutta la serata tiene sotto controllo i due vecchi fidanzati. Per cena vengono servite aragoste, che non facilitano la digestione al momento di andare a dormire. L'ospite si ritira nella sua camera per la notte. Geloso, Arbuckle ha un litigio con Mabel. Nel frattempo riceve una chiamata di aiuto, prende la sua borsa da dottore, monta in macchina e si reca sul posto. A chiamarlo era stato il socio di un ladro che si era introdotto in casa, ignaro della presenza di un altro uomo nell'abitazione e convinto di trovare Mabel sola nella sua camera da letto. Così è, ma accortasi della presenza del ladro chiama in aiuto l'amico che con una pistola costringe il malvivente a fuggire spaventato. Contemporaneamente Arbuckle si rende conto che la chiamata era solo un trucco per allontanarlo ma sospetta subito che sia stata Mabel ad architettarla per rimanere sola con il suo amante. Torna di corsa a casa e trova in due in pigiama nella stessa stanza: Mabel nel trambusto della sparatoria era svenuta e questi l'aveva riportata in camera tenendole la mano. A questo punto Arbuckle non ci vede più dalla gelosia. Getta l'uomo fuori dalla finestra e strozza la moglie. Mabel però perde solo i sensi, si rialza e gli spara alle spalle, ferendolo a morte. Ma era tutto un sogno. L'amico di infanzia di Mabel si agita nel letto, si alza e va a controllare se quello che aveva sognato avesse frammenti di verità. Arbuckle che si era addormentato in soggiorno e aveva fatto il medesimo sogno, fa lo stesso. I due trovano Mabel tranquillamente addormentata nella sua stanza e ripensano alla pesantissima cena a base di aragoste, principale causa dell'incubo di entrambi.
HE DID AND HE DIDN'T risulta innanzitutto un capolavoro di regia, poiché Arbuckle riesce mescolare comicità (nelle scene iniziali con Mabel, negli sguardi gelosi, nelle pistolettate al ladro che assumono il ritmo di un balletto), suspance (la paura di Mabel, il sospetto che un tradimento stia effettivamente per avvenire) e il dramma (la gelosia, l'omicidio che solo dopo lo spettatore scopre essere frutto di un sogno). E' perfetto nello stile, nelle riprese, nel montaggio, nessuna scena è esagerata o fuori posto. Nell'interpretazione, lodevole quella di Arbuckle e della Normand, ma degna anche quella di William Jefferson, l'amico di infanzia, innocente ma "colpevole" nel passato della ragazza agli occhi di suo marito, da eroe che mette in fuga in ladri a possibile adultero. Il tutto condito da un ingenuo ma bizzarro stupore. La grandezza di Arbuckle sta nell'aver creato un film comico che si presta a molte chiavi di lettura. L'incertezza tra la realtà e il sogno, tra ciò che avviene davvero e quello che è solo immaginato dai protagonisti. Con un percorso semplice coglie la stessa essenza del cinema, sospesa tra la rappresentazione della realtà e l'interpretazione onirica della stessa.
Il terzo e ultimo film che ho selezionato per questo articolo è un diamante della Silent Comedy. Uno di quelli che andrebbero presi e portati nelle scuole per ogni aspirante clown, attore comico o regista brillante, che voglia divertire con l'uso delle immagini e non della parola.
THE COOK (uscito il 15 settembre 1918). Diretto da Roscoe Arbuckle. Interpreti Principali: Roscoe Arbuckle, Buster Keaton, Al St. John, Alice Lake.
Arbuckle e Keaton cameriere sono impegnati a soddisfare i desideri gastronomici dei clienti di un ristorante vicino al mare. Al St. John interpreta il bullo che obbliga la cassiera Alice Lake a ballare selvaggiamente, mentre Buster prova a toglierla dalle sue grinfie.
Il cane di Fatty, Luke, pare l'unico in grado di spaventare e far correre lontano l'insopportabile villano. Dopo una sequenza molto buffa a tavola, con trovate molto ingegnose su un pasto a base di spaghetti, Buster e Alice Lake escono insieme, mentre Fatty porta il suo cane con se a pescare. Torna alla carica St. John e in un finale in mezzo all'acqua salata tocca ancora a Luke punire il prepotente.
THE COOK è un film perfetto, ancora oggi a distanza di quasi 100 anni stupisce per inventiva, ritmo, originalità. Arbuckle gioca in cucina e si muove da maestro tra piatti, bicchieri e pietanze. Con destrezza invidiabile manovra l'enorme coltello che riesce a piantare sul tavolo, lasciandolo volteggiare con estrema disinvoltura dietro le sue spalle. Quando getta in aria il cibo appena preparato e Keaton lo afferra prontamente dall'altro capo della cucina è un piacere per qualsiasi spettatore avvezzo a una coreografia filmata quale risulta la scena. Ciò accade più e più volte, quasi come in una danza dell'impossibile. Il trucco cinematografico c'è ma è tanto ben riuscito da non farsi notare. Più tardi, Arbuckle usa pentole e stoviglie per parodiare il ballo di Cleopatra inscenato da Theda Bara in un film dell'epoca, con risultati sorprendentemente esilaranti.
Da sottolineare una bellissima inquadratura, una delle più belle del film, carica di poesia e simbolismo: Arbuckle si trova con la canna da pesca in riva al mare, intento ad aver ragione di un pesce molto grosso; il suo cane Luke è con lui, Alice Lake (la ragazza) guarda la scena divertita. La poesia data a questo scorcio non passa inosservata, non può passare inosservata a chi ama il suo cinema. Il grasso Arbuckle, solitario pescatore con il suo fedele Luke accanto. Un tributo bellissimo verso il loro passato, vivo fin dai tempi della Keystone. Quanti film avevano fatto insieme. Quante volte Arbuckle aveva usato quel cane per effetti comici. Ora eccoli lì, insieme, quasi al tramonto della loro collaborazione.
THE COOK fino a non moltissimi fa era ancora un Lost Film a tutti gli effetti. Nel 1998 il Norsk Filminstitut ne ha riportata alla luce una copia che si aggiungeva ad un'altra trovata quattro anni dopo al Nederlands Filmmuseum. L'insieme di queste due fonti ci restituisce una buona versione del film anche se purtroppo il finale manca ad entrambe: si rimane alla caduta in mare di Arbuckle ma non siamo in grado di visionare l'intervento del fido Luke che, nuotando in mezzo all'acqua, continua a perseguire il suo compito contro il cattivo Al St. John. La descrizione della scena ci viene dai resoconti dell'epoca.
Ottant'anni fa Roscoe Arbuckle lasciava questo mondo, forse per raggiungerne un altro, forse per non raggiungerne nessuno, sicuramente non per fuggire dalla memoria del cinema. Che conserva, rivaluta, riconsidera, rielabora, rivive, gran parte di quello che di luminoso e bello quest'uomo ha realizzato di unica, sana e semplice genialità.
© Lorenzo Tremarelli
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